mercoledì 21 maggio 2025

Fine vita, prima la cura - Avvenire NewsLetter 21/05/2025

Cari amici,
la sentenza con la quale la Corte costituzionale è appena tornata a occuparsi di fine vita ha messo in chiaro una serie di aspetti che, nei verdetti precedenti, avevano suscitato un acceso dibattito attorno all’interpretazione da dare ai criteri fissati dai giudici per accedere al suicidio assistito.

Il nuovo pronunciamento ora mette in chiaro i princìpi di riferimento: la vita, la protezione della fragilità, la cura. La Corte entra nel merito di quel che in Italia va corretto per poter parlare davvero di scelte libere anche sulla propria vita.

Parole chiare come poche altre: «Oggi, in Italia – scrive la Consulta – non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari, sia domiciliari che ospedalieri; vi sono spesso lunghe liste di attesa (intollerabili in relazione a chi versa in situazioni di grave sofferenza); si sconta una mancanza di personale adeguatamente formato e una distribuzione territoriale dell’offerta troppo divaricata (in tal senso Comitato nazionale per la bioetica, parere “Cure Palliative”, approvato il 14 dicembre 2023); la stessa effettiva presa in carico da parte del servizio sociosanitario, per queste persone, è a volte insufficiente».

Espressioni che echeggiano quelle spese dal presidente della Repubblica Mattarella solo pochi giorni prima: «Sono necessarie – ha detto il capo dello Stato rivolgendosi alle Regioni – una strategia unitaria e la collaborazione tra le istituzioni per superare gli intollerabili divari tra i diversi sistemi sanitari regionali e per garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sull'intero territorio della nostra Repubblica. Obiettivi irrinunciabili del servizio sanitario nazionale». Di che diritto è dunque urgente occuparsi oggi anzitutto in Italia?
Francesco Ognibene
f.ognibene@avvenire.it

domenica 18 maggio 2025

Bracciali, cartoni e pubblicità: l’infanzia venduta in offerta speciale. di Giuseppe Miccoli · 13 Maggio 2025



Bracciali, cartoni e pubblicità: l’infanzia venduta in offerta speciale

di Giuseppe Miccoli

Ogni pomeriggio, mio figlio di quattro anni si siede sul divano, sceglie un cartone e si immerge nel suo piccolo mondo incantato. Venticinque minuti di spensieratezza: draghi gentili, costruzioni magiche, animali parlanti. È un tempo che dovrebbe essere sacro, innocente, preservato. Ma non lo è.

...

E allora, cosa possiamo fare? Iniziare col dire le cose come stanno: che no, non è normale che un bambino venga usato come leva per vendere bracciali. Non è giusto che l’amore diventi un pretesto pubblicitario. E che forse, la Festa della Mamma sarebbe più autentica se fosse fatta di meno spot e più tempo, meno regali e più presenza. Perché ci sono momenti dell’infanzia che nessun brand potrà mai comprare.

sabato 17 maggio 2025

Senato. «La pillola dei 5 giorni dopo è abortiva, cosa ne pensa il ministro Schillaci?»

La pubblicazione su una delle più autorevoli riviste scientifiche di dati sul potere di ellaOne di interrompere la gravidanza ha spinto due senatori a chiedere di fermarne la vendita senza ricetta

segue

https://www.avvenire.it/vita/pagine/senato-la-pillola-dei-5-giorni-dopo-e-abortiva-interrogazione-al-ministro-schillaci?mnuid=522gd0a49g112211bc03121279a55b09642130cea921f2907f&mnref=s5f4%2Co91c9&utm_term=37321+-+Vai%3E%3E&utm_campaign=VITA&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=54+-+VITA+-+16+Aprile+2025+%282025-04-16%29




giovedì 15 maggio 2025

Educazione. Che sofferenza per i piccolissimi se la mamma è assorbita dallo smartphone

Mamma, troppo smartphone blocca la relazione con il vostro bebé


Una ricerca dimostra che un uso smodato del telefonino da parte dei genitori può disturbare le primissime relazioni con il neonato. E anche la Garante per l’infanzia, Marina Terragni, lancia l'allarme

Anche Marina Terragni, autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, mette in guardia dall'uso smodato dello smartphone in famiglia. Si tratta di un pericolo non solo per i bambini ma, fa notare Terragni, anche per il rapporto educativo tra bambini e genitori. «Una recente ricerca delle Università di Pavia e Bicocca di Milano insieme all’Irccs Mondino dimostra – sottolinea l’Autorità garante - che un uso eccessivo dello smartphone da parte dei genitori può disturbare notevolmente le primissime relazioni tra loro e il neonato, producendo in lui una risposta fisiologica assimilabile allo stress fisico o mentale». Un dato che emerge dall’esperienza quotidiana: «Tutti vediamo spesso giovani madri e padri spingere il passeggino senza distogliere lo sguardo dallo schermo, trascurando quell’attenzione e quella comunicazione non-verbale, occhi negli occhi con il bambino, decisive per l’evolversi della relazione e per lo sviluppo della personalità. La dipendenza dal digitale, dunque, può danneggiare i bambini anche quando a esserne colpiti sono i loro genitori». Secondo la ricerca nove italiani su 10 non lasciano passare un’ora senza controllare più volte lo smartphone e il tempo trascorso online supera in media cinque ore e mezza al giorno.



La ricerca è stata condotta osservando 38 interazioni tra altrettante donne e i loro figli a 3-4 mesi dal parto. Verifiche il cui risultato è stato tutt’altro che confortante. Il lavoro ha infatti concluso che «l'uso parentale dello smartphone, portando a frequenti interruzioni, può disturbare le prime relazioni genitore-neonato». Più nello specifico, servendosi di un innovativo approccio basato su microanalisi comportamentale e termografia a infrarossi, gli autori dello studio hanno chiesto alle partecipanti di alternare momenti di gioco libero con i bebè a brevi interruzioni digitali e non digitali. Ebbene, se da un lato entrambe le forme di distrazione hanno generato nei bambini segni di «disagio comportamentale», dall'altro solo quella di natura digitale ha innescato una risposta fisiologica riconducibile all’attivazione del sistema nervoso simpatico (che si verifica in situazioni di stress fisico o mentale). Detto in modo più semplice. I momenti in cui i piccoli si sono sentiti più trascurati sono stati proprio quelli in cui le madri apparivano totalmente assorbite da social e dintorni.

«Dai risultati della ricerca si deduce l’urgenza di una presa di coscienza da parte delle famiglie - continua l'Autorità garante - che sono e restano il nucleo educativo decisivo e insostituibile. Senza l’‘aggancio oculare’ che veicola la comunicazione pre-verbale lo sviluppo del linguaggio può essere compromesso».

«La scuola - prosegue Terragni - può certamente fare molto imponendo un tempo ‘sconnesso’ in orario di lezione; limitazioni per l’età del primo accesso ai social network possono ridurre notevolmente i danni prodotti da un contatto precoce. Ma l’imprinting della personalità si produce in famiglia fin dalle prime interazioni, e la famiglia non può deresponsabilizzarsi di fronte a una sfida decisiva per la salute fisica e mentale delle generazioni future delegando importanti compiti educativi al tempo-schermo». Conclude l'Autorità garante: «Il miglior presidio contro gli enormi danni causati da un’‘infanzia basata sul telefono’ (phone-based childhood, come la definisce Jonathan Haidt, autore del bestseller La generazione ansiosa) è una famiglia non-basata sul telefono».


mercoledì 14 maggio 2025

Il medico che fabbrica esseri umani: «Prima li faceva Dio. Ora li faccio io»

Nel film GEN_, Maurizio Bini si racconta come medico di confine, ma si muove come un demiurgo tra embrioni crioconservati e corpi in transizione. Decide chi nasce, chi rinasce e non solo. Tempi era presente al dibattito dopo la proiezione. Ecco cosa ha detto

segue al link:


...

Il lavoro del dottor Bini: fare esseri umani

«Ciò che accomuna il percorso di fecondazione assistita e quello di transizione di genere è l’assunzione di ormoni ad alte dosi», spiega Bini. E Donatella Della Rata, antropologa e sceneggiatrice del film, approfondisce: la triptorelina, tanto incriminata per i casi di transizione di genere in ragazzi in età puberale, «è lo stesso farmaco che si dà alle donne che cercano di fare la fecondazione in vitro per bloccare il ciclo. È la stessa cosa, cambia solo la lettura sociale dell’ormone. Viene accettato nel caso della fecondazione in vitro perché è accettato un contratto tra due persone eterosessuali, mentre nel caso della transizione di genere non è accettato e ostacolato da un governo come questo».

...

lunedì 12 maggio 2025

Houellebecq di nuovo contro l’eutanasia à la Macron: «Arroganza inaudita»

Torna in aula (divisa in due) la proposta di legge sul fine vita voluta dal presidente francese. Tra i molti critici anche il celebre scrittore: «Non occorre essere cattolici reazionari per opporsi»

segue al link:

Fine vita, prima la cura - Avvenire NewsLetter 21/05/2025

Cari   amici, la sentenza con la quale la Corte costituzionale è appena tornata a occuparsi di fine vita  ha messo in chiaro una serie di as...